venerdì 8 aprile 2011

E dopo il disastro nucleare i nostri mari sono sicuri ?


Acqua radioattiva in Giappone, quanto sono sicuri i nostri mari? Quando si tratta di perdite radioattive non è affatto semplice escludere con certezza dei rischi a breve, medio e lungo termine. Spiega il professor Silvano Focardi, docente di Ecologia all’Università di Siena, membro del Comitato Scientifico di Marevivo, che
I radionuclidi – gli atomi instabili che decadono emettendo energia sotto forma di radiazione – riversati in mare con le acque contaminate, infatti, mettono a forte rischio l’ecosistema in generale e alcune specie in particolare.
I rischi per la biodiversità marina sono legati alla durata e alla dimensione dell’incidente; e sono rappresentati dalla insorgenza di danni gravi che possono arrivare fino a mutazioni genetiche capaci di incidere sulle capacità riproduttive degli organismi.
La contaminazione delle acque, prosegue Focardi, arriva in un periodo molto critico dell’anno: molte specie stanno per riprodursi ed uova e larve sono particolarmente vulnerabili e potrebbero sviluppare mutazioni letali. E per l’uomo, che rischi ci sono?
Il consumo prolungato di alimenti anche debolmente contaminati, costituisce un pericolo, perché i radionuclidi si fissano nell’organismo e, con il passare del tempo, possono determinare gravi patologie.
L’Italia si sente sicura e protetta dai rischi perché molto lontana dal luogo dell’incidente ma è davvero così? Lo stesso Focardi spiega che la situazione è troppo provvisoria, i dati troppo poco attendibili e la durata del disastro di Fukushima troppo imprevedibile per poter effettuare una stima dei danni dell’incidente per il nostro Paese. Lo iodio 131 è arrivato da noi in concentrazioni non pericolose, ma è bene non abbassare la guardia anche perché malgrado l’emivita di pochi giorni, è molto aggressivo per la tiroide.
L’eredità di Chernobyl, conclude l’esperto,  ci insegna che i danni di un incidente nucleare si quantificano con maggiore precisione a distanza di anni:

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