Cerchi nell’acqua, cerchi nei prati
“Il futuro non appartiene a chi alza muri, ma a chi costruisce cerchi.”
Poi un altro cerchio, poco distante. E un altro ancora. Come funghi dopo la pioggia, i cerchi spuntavano spontanei nei parchi, nelle piazze, nei cortili delle scuole, nei giardini dimenticati. Non era un movimento organizzato. Era un sentire comune. Un bisogno antico e nuovo insieme: tornare tribù, tornare umani.
A guardarli dall’alto sembravano onde. Onde che partono da sassi lanciati con amore. Ogni parola detta, ogni gesto gentile, ogni ascolto profondo: un sasso nell’acqua. Le onde si allargavano, si toccavano, si fondevano. Nessuno sapeva da dove fosse partito il primo cerchio, ma tutti capivano che stava succedendo qualcosa.
La città cambiava, ma non con ruspe o cantieri. Cambiava con la voce delle persone. Con i sogni messi in comune. Con il coraggio di dire “noi”, in un tempo che aveva fatto del “mio” una religione.
Forse è così che si costruisce il futuro. Non da soli, ma cerchio dopo cerchio. Onda dopo onda. Senza eroi. Solo esseri umani che si incontrano, e decidono che è ora di smettere di urlare da soli, e ricominciare a parlarci.
“Il futuro non appartiene a chi alza muri, ma a chi costruisce cerchi.”
Nessun commento:
Posta un commento