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sabato 17 dicembre 2011

uno dei migliori album 2011 - Steven Wilson

Grace For Drowning
Per Steven Wilson la decade passata è  stata senz'altro memorabile: con l'uscita di "Insurgentes", il nostro folletto inglese aveva  finalmente trovato uno sbocco creativo per tutte le sue ispirazioni e aspirazioni, la conclusione della ricerca di un'agognata maturità musicale iniziata con i Porcupine Tree e diramatasi nel corso degli anni in più generi e direzioni, sotto forma dei più disparati progetti. Pochi artisti possono vantare una tale visione a 360° della musica, acquisita per merito di una notevole cultura su tale campo, ed ovviamente di una passione più forte che mai per il proprio lavoro.
Ora siamo nel 2011, ed abbiamo tra le mani un album nuovo di zecca.
In questa seconda opera a suo nome il nostro porcospino affina la sua capacità di catalizzare una grande mole di idee e concezioni differenti della musica in un unico lavoro.
Il risultato è semplicemente mastodontico.
"Grace For Drowning", suddiviso in tre diverse parti dai nomi evocativi ("Deform to Form a Star", "Like Dust I Have Cleared from my Eye" e "The Map", presente solo nella edizione Deluxe del CD), costituisce per Wilson una vera enciclopedia di influenze e stili; un calderone di suoni elettronici, progressive rock dilatato e toccante pop d'autore, oltre che dinamiche e cerebrali partiture jazz in perfetto stile King Crimson.
Come sempre, la produzione è eccellente e la qualità del suono è altissima: d'altronde, quando si parla dell'artista in questione non ci possono essere dubbi al riguardo.
Eccezionale la prova del folto "cast" di musicisti chiamati ad occuparsi della strumentazione (flautisti, sassofonisti, tastieristi..), fra cui compaiono anche nomi altisonanti quali Tony Levin al basso, il "guitar-hero" Steve Hackett, il tastierista dei Dream Theater Jordan Rudess e naturalmente il geniale Robert Fripp.
All'ascolto tutto, pur nella sua ricchezza di sonorità molto differenti tra loro, appare coeso e strettamente legato ad un concetto di fondo che permea l'intera opera: la dualità dell'animo umano (tema da sempre caro a Steven), sospeso tra cupo caos e celestiali atmosfere, disordine interiore e pace dei sensi.
Ogni traccia svolge una propria funzionalità all'interno del lavoro, dalla lunga ed intensa "Raider II" (che si dipana inquietante tra flauti, claustrofobici riffs di chitarra elettrica, arpeggi acustici, cori e quant'altro) all'ossessivo pianoforte di "Remainder The Black Dog", passando per i toni terrificanti di "Index", la beatitudine di "Like Dust I Have Cleared From My Eye", la dolcezza espansa di "Deform to Form a Star" e via discorrendo...
Difficile trarre un giudizio sul lavoro basandosi sui singoli brani, in quanto un ascolto superficiale non basterà per comprendere l'ambizioso e variegato progetto di Wilson.
L'artista inglese ci offre un lavoro davvero impressionante, probabilmente uno dei più belli del 2011: immancabile per chi è alla ricerca di un vero e proprio viaggio sonoro dalle mille sfumature, realizzato con maestria e con un profondo amore per la musica in ogni sua forma.