sabato 24 maggio 2025

Moonbound: da progetto solista di Fabio Trentini a band matura, un viaggio sonoro tra pop raffinato ed esplorazioni prog visionarie

Moonbound

  • Le origini: uno studio project raffinato e ricco di collaborazioni
  • Dal progetto solista alla band
  • Un’identità sonora tra pop d’autore e prog moderno
  • Gravity Reversed (Moonbound Live): il cuore pulsante del nuovo corso
  • Moonbound – L’Alchimia Sonora di un Viaggio Inarrestabile
  • Note su Fabio Trentini

Moonbound non è solo una band: è la forma sonora di un microcosmo visionario, sospeso tra rigore compositivo e slancio emotivo, nato dalla mente e dal cuore di Fabio Trentini. Polistrumentista, produttore e ingegnere del suono con un curriculum che intreccia eccellenze come Guano Apes, Le Orme, Stick Men e Marco Mattei,

Fabio Trentini ha forgiato Moonbound come si scolpisce un’opera d’arte: con precisione tecnica, immaginazione sonora e un gusto raro per l’equilibrio tra complessità e accessibilità. Il risultato è un progetto in continua metamorfosi, capace di attraversare stagioni sonore diverse senza mai perdere coerenza, grazie a un linguaggio musicale che coniuga l’eleganza del pop d’autore e la profondità strutturale del prog più ispirato. Un suono che emoziona e affascina, frutto di un’intelligenza musicale che sa essere tanto analitica quanto profondamente umana.

Le origini: uno studio project raffinato e ricco di collaborazioni

Moonbound prende forma inizialmente come un’entità da studio, solistica e in continua evoluzione, con Fabio Trentini nel ruolo centrale di cantante, bassista, autore e produttore, affiancato da una schiera mutevole ma sempre prestigiosa di musicisti di altissimo livello internazionale, tra cui:

  • Pat Mastelotto (King Crimson, Mr. Mister, Stick Men)
  • Markus Reuter (Centrozoon, Stick Men, The Crimson ProjeKct)
  • Tony Levin (Peter Gabriel, King Crimson, Liquid Tension Experiment)
  • Dave Gregory (storico chitarrista degli XTC)
  • Tim Pierce (chitarrista session man per Phil Collins, Michael Jackson, Bruce Springsteen)


Questa rete di collaborazioni ha arricchito la musica di Moonbound con influenze eterogenee, contribuendo a delineare un sound estremamente curato, dove il pop elegante si intreccia con suggestioni progressive ed elettroniche. Il risultato è uno stile unico, a cavallo tra un Pop Elegante e un Prog Visionario, reso coerente e riconoscibile grazie alla forte impronta stilistica di Fabio Trentini e a una costante attenzione alla qualità sonora.
La discografia parte nel 2008 con Confession and Release, prosegue con Peak of Eternal Light e culmina nel 2015 con Uncomfortable News From The Moon. Nel 2024 vengono pubblicati Back to Square Four (EP) e And Besides…, raccolta di B-sides e inediti, che offre uno sguardo retrospettivo ma coerente sull’intero percorso del progetto.

Dal progetto solista alla band

Il vero punto di svolta arriva nel 2023, quando Moonbound si evolve in una vera band, in cui ogni componente partecipa in modo creativo ed egualitario, pur restando le composizioni a firma di Fabio Trentini.
Al suo fianco entrano stabilmente:

  • Maurizio Masi (già batterista del Banco del Mutuo Soccorso)
  • Matteo Ballarin (chitarrista per Aldo Tagliapietra, già al fianco di Gianna Nannini)
  • Alessandro Papotto (fiati e tastiere, membro storico del Banco del Mutuo Soccorso e fondatore di Periferia del Mondo)


A completare la formazione live, Francesco Signorini, amico e collaboratore di vecchia data, arricchisce l’organico durante le esibizioni dal vivo.
Pur mantenendo la guida compositiva di Fabio Trentini, la nuova incarnazione di Moonbound è profondamente collettiva e creativa: ogni componente contribuisce con la propria visione e sensibilità musicale, trasformando l’ex progetto solista in una band a tutti gli effetti.

Un’identità sonora tra pop d’autore e prog moderno

Lo stile dei Moonbound è una raffinata miscela di pop colto anni ’80 e rock progressivo contemporaneo. Le influenze evocano Peter Gabriel, le atmosfere sospese dei Porcupine Tree, il gusto per l’imprevedibilità dei Gong, con inserti di elettronica e un approccio alla produzione sempre estremamente dettagliato.
La voce duttile e narrativa di Fabio Trentini guida l’ascoltatore in un viaggio fatto di introspezione e dinamismo, dove ogni brano è una piccola suite, capace di accarezzare l’anima o scuoterla con accenti più decisi, senza mai perdere eleganza o intensità.

Gravity Reversed (Moonbound Live): il cuore pulsante del nuovo corso

Pubblicato il 21 marzo 2025, Gravity Reversed rappresenta un momento cardine nella storia dei Moonbound: non solo un album dal vivo, ma il manifesto sonoro della nuova identità della band. Non si tratta di un semplice live, ma di un “live in the studio” dal concept curato e immersivo, sulla scia delle esperienze create da progetti come gli Snarky Puppy.
In Gravity Reversed, un pubblico selezionato assiste alla performance dei Moonbound seduto accanto ai musicisti, ascoltando in cuffia un mix audio cristallino e coinvolgente, curato con maestria dai fratelli Di Nunzio negli studi NMG. Un’esperienza intima e intensa, molto più simile a un viaggio immersivo che a un classico concerto.
La scelta di questa formula non è casuale: ha permesso alla band di catturare dal vivo l’energia e l’interazione tipiche di un’esibizione, ma con una qualità sonora e una concentrazione esecutiva superiore. Inoltre, ha consentito la realizzazione di videoclip ad alto impatto visivo ed emozionale, parte integrante della narrazione dell’album.
Il repertorio include brani provenienti da tutta la discografia: If I Were, Tired of Being Good, Twenty Years, Nina, What Will Be Left, Dreams Are Funny Sometimes, Confession and Release, That’s the Truth, The Right Day for Goodbyes, Hero & Zero. Tutti reinterpretati con nuova energia, sensibilità collettiva e un interplay che rivela la piena maturità della band.
Accanto alla band stabile – Trentini, Masi, Papotto e Ballarin – è presente anche Francesco Signorini per completare l’organico. La produzione artistica e il mixaggio vedono ancora una volta il contributo di Markus Reuter, che oltre a essere co-produttore storico del progetto, è anche il discografico ufficiale di Moonbound, grazie all’etichetta Unsung Records, con cui pubblica l’intera discografia. Un sodalizio duraturo, che unisce visione artistica e cura editoriale da quasi vent’anni.

Tracklist:
1 – If I Were
2 – Tired Of Being Good
3 – Twenty Years
4 – Nina
5 – What Will Be Left
6 – Dreams Are Funny Sometimes
7 – Confession And Release
8 – That’s The Truth
9 – The Right Day For Goodbyes
10 – Hero & Zero

The Band:

  • Matteo Ballarin: guitars, backing vocals
  • Alessandro Papotto: saxophone, clarinet, flute and keyboards
  • Maurizio Masi: drums and percussion
  • Fabio Trentini: compositions, lead vocals, bass, bass pedals
  • E dal vivo con la partecipazione di Francesco Signorini: keyboards

 

Moonbound – L’Alchimia Sonora di un Viaggio Inarrestabile

Moonbound oggi è una band viva, coerente e audace, capace di attraversare mondi musicali diversi con personalità, eleganza e spirito di esplorazione. Gravity Reversed non è solo una tappa discografica: è una dichiarazione di intenti, una finestra sull’identità profonda del gruppo, e un invito all’ascoltatore a entrare nel loro universo, con un livello di intimità e coinvolgimento raro nella musica contemporanea.
Una band che ha finalmente preso forma nella sua essenza più autentica, pronta – guidata da una visione comune e da un cammino condiviso – a lanciarsi verso nuovi orizzonti sonori, con lo sguardo rivolto al futuro. Con Gravity Reversed, non assistiamo semplicemente a una nuova uscita discografica, ma a un vero e proprio atto di presenza. È la voce matura di una band che ha trovato se stessa, che si racconta senza maschere, che invita l’ascoltatore a immergersi nel proprio mondo fatto di suoni intimi, paesaggi siderali e vibrazioni profonde.

E allora che il cammino prosegua. Che Moonbound trovi le platee che merita, i festival che sappiano accoglierne la grandezza e la delicatezza. Perché certe alchimie, quando accadono, non vanno solo ascoltate: vanno celebrate.

Note su Fabio Trentini
Gli artisti con cui Fabio Trentini ha lavorato come produttore del suono ( Ingegnere del suono (mix engineer)

ROBO SAPIENS (Austria/Italia), (con Thomas Lang & Milan Polak), STICKMEN (USA), (Pat Mastelotto, Tony Levin, Markus Reuter), GUANO APES (Germania), DONOTS (Germania), SUBWAY TO SALLY (Germania), MR.MISTER (USA), PADDY KELLY (Irlanda), SASHA (Germania), il produttore di Sting PETE SMITH (Regno Unito), il produttore degli Yes e dei Mr.Mister PAUL DEVILLIERS (USA), DADA ANTE PORTAS (Svizzera), MOONBOUND (Italia/USA), TUNER (USA),
(con Markus Reuter, Pat Mastelotto, Peter Kingsbery dei Cock Robin e Danny Wilde dei The Rembrandts, tra molti altri), THE INTERSPHERE (Germania), MILAN POLAK (Austria), (con Randy Coven, Joe Macaluso, Dennis Leeflang, Simon Michael Schmitt, Kip Winger e molti altri), DAN D (Slovenia), 3 COLOURS RED (Regno Unito), JASON PERRY degli “A” (Regno Unito), UNCLE HO (Germania), PHIL MATURANO (USA), NON VOGLIO CHE CLARA (Italia), NAKED TRUTH (Italia/USA/Regno Unito), (con Lorenzo Feliciati, Pat Mastelotto, Roy Powell & Graham Haynes), GLOW (Germania), F.R.O.M. (Repubblica Ceca), UNDERWATER CIRCUS (Germania),
e molti altri…

Alcuni Artisti dove Fabio Trentini ha suonato (per lo più come bassista e/o cantante, in studio, dal vivo o in jam session)

ROBO SAPIENS (Austria/Italia), (con Thomas Lang & Milan Polak), H-BLOCKX (Germania), LE ORME (Italia), OLIVER ONIONS (Italia), MARCO MINNEMANN & ILLEGAL ALIENS (Germania/USA), (con TM Stevens, Peter Woelpl e molti altri), SUBWAY TO SALLY (Germania), PADDY KELLY & THE KELLY FAMILY (Irlanda), NINA HAGEN (Germania), SASHA (Germania), BANCO DEL MUTUO SOCCORSO (Italia), LA STORIA NEW TROLLS (Italia), STEWART COPELAND (USA), (The Police), DAVID CROSS (Regno Unito – violinista dei King Crimson), THOMAS LANG (Austria), (batterista per Falco, Robbie Williams, Steve Hackett, Gianna Nannini, Asia e molti altri), HENRY PADOVANI (Francia) (ex chitarrista dei The Police), DADA ANTE PORTAS (Svizzera), MOONBOUND (Italia/Germania/USA), (progetto solista di Fabio con Markus Reuter, Pat Mastelotto, Dave Gregory, Tony Levin, Tim Pierce, Steve Farris, Steve George e molti altri), NAKED TRUTH (Italia/USA/Regno Unito), (con Lorenzo Feliciati, Pat Mastelotto, Roy Powell & Graham Haynes), MILAN POLAK (Austria), (con Randy Coven, Joe Macaluso, Dennis Leeflang, Simon Michael Schmitt, Kip Winger e molti altri), SUB7EVEN (Germania), ALL ENDS (Svezia), DOWN BELOW (Germania) MARCO MATTEI (Italia – Vocals nella traccia 2 e 9  in Age Of Frafility )



martedì 13 maggio 2025

“Il Tamburo di Nicea”


 

C’era una volta, in un tempo che poteva essere ieri o domani, una Terra che tremava, stanca dei passi pesanti dell’uomo e dei suoi fuochi senza misura. Nei Campi Flegrei, là dove i vulcani dormono come draghi, la terra iniziò a parlare: non con parole, ma con scosse, vapori e crepe nei muri. Gli uomini corsero fuori da scuole e templi, i treni si fermarono come bestie spaventate, e qualcuno cominciò a chiedersi se non fosse un messaggio.

Fu allora che si udì un tamburo antico, suonare da un luogo che pochi ricordavano: Nicea, la città dove un tempo si erano incontrati gli spiriti della fede per costruire un sogno comune. Ma il suono non era soltanto un richiamo spirituale: era un invito a tutte le creature, un segnale di convocazione.

Il Tamburo era stato risvegliato da Leone XIV, un vecchio saggio vestito di bianco, che parlava poco ma guardava con occhi profondi. Aveva ereditato un libro dimenticato: “Il Codice della Concordia”, scritto con inchiostro di luce dai viandanti del tempo. Quel codice conteneva sette simboli, uno per ogni crisi del mondo, e ognuno chiedeva un’azione.

Il primo simbolo era il Sole diviso. L’energia, un tempo donata agli uomini per vivere in armonia con la Terra, era diventata merce e veleno. Ma ora, il Sole stesso, offeso ma speranzoso, offriva la sua mano: “Chi costruirà case che respirano luce? Chi piantumerà tetti di fotoni e cuori di silicio?”

Il secondo simbolo era l’Ascia rovesciata. La guerra tra Est e Ovest, tra aquile e orsi, falchi e colombe, si avvicinava al suo momento decisivo. Si parlava di un incontro impossibile: tre re guerrieri (uno dei quali si diceva venisse dal paese dell’oro e dei tweet) avrebbero forse parlato in Turchia, terra di crocevia e profezie. Ma nessuno osava sperare davvero.

Il terzo simbolo era la Fiamma dei Mille, e ardeva nelle fabbriche chiuse, nei licenziamenti, nei cuori dei lavoratori dimenticati. In un paese orientale, però, qualcuno aveva acceso una candela: “Pasti amorevoli” per chi non poteva comprare più tempo. E il mondo si domandò: “È forse lì il principio del ritorno alla comunità?”

Il quarto simbolo era la Scheda Vuota. In un regno chiamato Democrazia, pochi credevano ancora nella magia del voto. Eppure, cinque domande fluttuavano nell’aria, come piume. “Vuoi restare uomo o diventare macchina?” “Vuoi vendere l’acqua o custodirla?” “Vuoi muri o ponti?” Solo chi avrebbe risposto sinceramente, avrebbe potuto vedere il prossimo simbolo.

Il quinto simbolo era la Rosa della Concordia. Per sbocciare, aveva bisogno di due mani: una dell’Est e una dell’Ovest. Ma le mani tremavano, diffidavano, ancora impugnando lame invisibili. Allora il Tamburo parlò ancora, questa volta nel silenzio, e le mani cominciarono a tendersi. Poco a poco.

Il sesto simbolo era la Mappa delle Ombre, una pergamena che mostrava i luoghi della sofferenza: Gaza, il Libano, la Cina delle prigioni invisibili. Leone XIV la guardava ogni sera, pregando che le ombre si trasformassero in volti, che i muri si dissolvessero nei canti.

Il settimo e ultimo simbolo era l’Albero che Cammina. Si racconta che un giorno, quando l’umanità avrà ascoltato tutti e sei i precedenti simboli, un albero si staccherà dalle radici, e camminerà fino al centro del mondo. Lì pianterà se stesso, e da quel punto nascerà la nuova civiltà: la Civiltà dei Custodi.

Fu allora che apparvero i Bambini del Futuro. Non avevano ancora volto, ma avevano voce. E dissero:

“Costruite città che respirano, non che soffocano. Accendete energie che curano, non che bruciano. Disarmate le parole, prima delle mani. Custodite il tempo, non consumatelo. E se ascolterete il Tamburo, potrete trovare la strada per l’Ottavo Simbolo: la Rinascita.”

E così fu che, in mezzo a terremoti, guerre, bonus e schede elettorali, l’umanità comprese che la favola era vera, e la realtà era solo un sogno che doveva ancora svegliarsi.

La chiamata della Sequoia Il giorno in cui la notizia trasformò il tempo

 

La Chiamata di Sequoia

 
Nell’anno 2027, l’umanità entrò in una nuova fase: il Rinascimento Digitale. Ma tutto iniziò da un evento apparentemente casuale: Donald Trump, ritiratosi a vita privata in una lussuosa villa tra Istanbul e la rete neurale globale, decise di fare una chiamata. Una sola. A due uomini: Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky.

L'obiettivo era uno solo, dichiarato in modo tanto semplice quanto inquietante: “Ragazzi, la guerra è uno spettacolo finito. Facciamo pace. Ma la facciamo a modo mio.”
 
Il luogo prescelto fu Istanbul, ora interamente alimentata da server quantistici e gestita da iPapa, un'intelligenza artificiale ispirata all'attuale Pontefice, che nel 2025 aveva rilasciato il celebre messaggio “Disarmiamo la comunicazione da odio, pregiudizi e fanatismi”. Il Vaticano, nel frattempo, si era fuso con un consorzio etico di tecnologi spirituali cingalesi.
Nell’ombra, però, si muovevano altre forze. Hamas, dopo una trattativa segreta con gli Stati Uniti — condotta da un interprete poetico afghano — aveva liberato Edan Alexander, l’ultimo ostaggio vivo, in cambio della promessa di un campo quantico per l’agricoltura rigenerativa a Gaza. Israele non fu invitato. L'India protestò: “Trump si illude di decidere le guerre del mondo da solo. Non ci basta un iPhone in vetro per dimenticare il Kashmir.”
Nel frattempo, la Apple — ora ribattezzata Alkemia Inc. — aveva lanciato macOS Sequoia 15.5, un sistema operativo installabile sugli alberi. Sì, alberi. In alcune città-pilota, come Bologna, Tel Aviv e Chandigarh, le querce centenarie venivano dotate di neuroni sintetici e comunicavano fra loro tramite AirDrop vegetale.
L’iPhone del 2027 era diventato una leggenda urbana: tutto in vetro, senza soluzione di continuità, capace di riflettere i pensieri dell’utente e, in certi casi, i ricordi non ancora accaduti. Alcuni dicevano che il vetro provenisse dal piombo trasmutato in oro dal Cern, grazie a una scoperta marginale e temporanea, ma di enorme potenziale simbolico.
In uno di questi esperimenti, però, accadde l’imprevisto. Il piombo-oro — così veniva chiamato quell’elemento ibrido — divenne stabile per 27 secondi, abbastanza per incidere su una lastra d’oro un messaggio: “Il tempo è una pizza. Noi siamo la farcitura.”
Nessuno comprese davvero il significato. Ma da quel giorno, il prezzo della pizza salì vertiginosamente. Alcuni dissero che il piombo-oro influenzasse la lievitazione cosmica. Altri sospettavano l’intervento di una setta chiamata "Gli Impastatori del Futuro", con sede a Napoli e base segreta sulla Luna.
Nel frattempo, il mondo sembrava trattenere il fiato. Le guerre rallentavano, le religioni si aggiornavano, la fisica tornava ad avere una morale. E da un vecchio server dimenticato, partì un ultimo segnale, firmato da iPapa:
“Abbiamo creato l’oro. Ora creiamo valore.”
E così cominciò l’Era della Sequoia, dove ogni cosa era interconnessa, ogni parola registrata, ogni memoria trasformata in energia, e la pace — finalmente — divenne un algoritmo condiviso

sabato 10 maggio 2025

Cerchi nell'acqua

 

Cerchi nell’acqua, cerchi nei prati
“Il futuro non appartiene a chi alza muri, ma a chi costruisce cerchi.”

All’inizio erano pochi. Si sedevano in cerchio, senza palco né microfoni. Solo occhi, parole e silenzi condivisi. Non c’era un leader, solo l’urgenza di ascoltarsi, di capirsi, di costruire qualcosa che valesse per tutti. Parlare, sì, ma soprattutto ascoltare. Così nascevano idee, si scioglievano incomprensioni, si accendevano scintille.

Poi un altro cerchio, poco distante. E un altro ancora. Come funghi dopo la pioggia, i cerchi spuntavano spontanei nei parchi, nelle piazze, nei cortili delle scuole, nei giardini dimenticati. Non era un movimento organizzato. Era un sentire comune. Un bisogno antico e nuovo insieme: tornare tribù, tornare umani.


 

A guardarli dall’alto sembravano onde. Onde che partono da sassi lanciati con amore. Ogni parola detta, ogni gesto gentile, ogni ascolto profondo: un sasso nell’acqua. Le onde si allargavano, si toccavano, si fondevano. Nessuno sapeva da dove fosse partito il primo cerchio, ma tutti capivano che stava succedendo qualcosa.

La città cambiava, ma non con ruspe o cantieri. Cambiava con la voce delle persone. Con i sogni messi in comune. Con il coraggio di dire “noi”, in un tempo che aveva fatto del “mio” una religione.

Forse è così che si costruisce il futuro. Non da soli, ma cerchio dopo cerchio. Onda dopo onda. Senza eroi. Solo esseri umani che si incontrano, e decidono che è ora di smettere di urlare da soli, e ricominciare a parlarci.

“Il futuro non appartiene a chi alza muri, ma a chi costruisce cerchi.”

lunedì 5 maggio 2025

Progresive Rock: " Suoni per la mente

 

Progressive Rock: “Suoni per la mente”

Progressive Rock: il suono che accende il pensiero
Progressive Rock: il suono che accende il pensiero

Nel panorama musicale dominato da canzoni usa-e-getta, refrain costruiti a tavolino e ritmi appiattiti per essere “radio friendly”, il Progressive Rock resta un baluardo di resistenza artistica, un atto di ribellione culturale e spirituale. Non è solo un genere musicale: è un linguaggio, un viaggio mentale, un’esperienza di ascolto profonda che stimola la riflessione, accende il pensiero e apre finestre su nuove angolazioni della realtà.
Nato alla fine degli anni ’60, il prog (come viene affettuosamente chiamato dai suoi appassionati) ha rotto gli schemi del mercato musicale: non si piega alle regole della fruizione veloce, rifugge i brani da tre minuti confezionati per la radio, e spesso costruisce interi album come suite narrative, dove ogni canzone è un capitolo inscindibile dell’opera. Interrompere l’ascolto è come chiudere un libro a metà di una frase.

“Progressive: Il Pensiero in Musica” - L'arte di pensare con le orecchie

La forza del progressive sta nella sua capacità di fondere linguaggi: musica classica, jazz, elettronica, psichedelia e rock si contaminano in strutture complesse, tempi dispari e arrangiamenti elaborati. Ma ciò che rende questo genere davvero unico è la sua missione: non solo intrattenere, ma comunicare, raccontare, interrogare. Le band progressive non cantano (solo) d’amore o disimpegno: parlano di scienza, religione, ecologia, esistenza, futuro, società. Raccontano la solitudine dell’uomo moderno, l’alienazione, il sogno e la distopia, spesso anticipando temi che solo anni dopo diventano parte del dibattito pubblico.
Ascoltare prog significa dedicare tempo alla musica, come si fa con un film d’autore o un romanzo denso. È un invito all’ascolto attivo, non passivo. È allenare la mente alla complessità, al dubbio, al pensiero critico. In un’epoca in cui tutto ci spinge alla semplificazione estrema, alla distrazione costante e all’omologazione del gusto, il progressive rock è resistenza culturale.

“Album come Mondi: Iconografia del Progressive” - Copertine come opere d'arte

Non è un caso se molte copertine prog siano diventate iconiche. Basti pensare ai lavori visivi di Roger Dean per gli Yes o alle visioni oniriche delle copertine dei King Crimson. Ogni album è pensato come un’opera d’arte totale, dove musica, testo e immagine si fondono in una narrazione coerente e potente. L’ascoltatore viene immerso in un mondo sonoro e visivo, dove nulla è lasciato al caso.

Un genere non per tutti. E proprio per questo necessario.

Il progressive rock è raro in radio, nei talent, nelle playlist che scorrono sui social. È un genere “scomodo”, perché non ammicca, non si lascia semplificare, non si consuma in fretta. È musica “colta” nel senso più nobile: chiede all’ascoltatore di essere parte attiva, di mettere in gioco l’attenzione e le emozioni, e in cambio offre intuizioni, bellezza, visioni.
Oggi meno si pensa, più si è manovrabili. In questo contesto, il prog è un gesto politico, una dichiarazione di indipendenza dell’intelletto. Non serve solo alle orecchie, ma nutre la mente. E nel suo essere minoritario, trova la sua forza.
Perché se c’è una musica che può ancora cambiare il modo in cui guardiamo il mondo, quella musica è – senza dubbio – il Progressive Rock.

venerdì 2 maggio 2025

Peter Gabriel III – L’album che non ha mai smesso di parlare al mondo

 

Peter Gabriel III – Il suono della coscienza, oggi più che mai

𝐈𝐥 𝐭𝐞𝐫𝐳𝐨 𝐚𝐥𝐛𝐮𝐦 𝐝𝐢 𝐏𝐞𝐭𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐛𝐫𝐢𝐞𝐥, 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐢 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐢 𝐝𝐮𝐞, 𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚 𝐬𝐞𝐦𝐩𝐥𝐢𝐜𝐞𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐢𝐥 𝐬𝐮𝐨 𝐧𝐨𝐦𝐞: 𝐏𝐞𝐭𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐛𝐫𝐢𝐞𝐥. 𝐍𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐨𝐭𝐭𝐨𝐭𝐢𝐭𝐨𝐥𝐢, 𝐧𝐢𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐬𝐥𝐨𝐠𝐚𝐧. 𝐒𝐨𝐥𝐨 𝐦𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚, 𝐢𝐝𝐞𝐧𝐭𝐢𝐭𝐚̀, 𝐯𝐢𝐬𝐢𝐨𝐧𝐞. Ma per l'industria discografica che tutto deve distinguere e etichettare, è Melt.
𝐄 𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢𝐫𝐞… 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐠𝐢𝐚̀ 𝟒𝟓 𝐚𝐧𝐧𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐦𝐢 𝐚𝐜𝐜𝐨𝐦𝐩𝐚𝐠𝐧𝐚. 𝐄𝐩𝐩𝐮𝐫𝐞, 𝐨𝐠𝐧𝐢 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐚 𝐜𝐡𝐞 𝐥𝐨 𝐚𝐬𝐜𝐨𝐥𝐭𝐨, 𝐦𝐢 𝐬𝐞𝐦𝐛𝐫𝐚 𝐧𝐮𝐨𝐯𝐨. 𝐕𝐢𝐯𝐨. 𝐍𝐞𝐜𝐞𝐬𝐬𝐚𝐫𝐢𝐨.
Quel disco, con il volto che si scioglie in copertina e le sonorità che sciolgono i confini tra rock, elettronica e denuncia sociale, è più di un album: è un compagno di viaggio. Un’opera che non invecchia, che si adatta al tempo senza mai piegarsi alla moda. C’è qualcosa in quelle tracce — un’urgenza, una profondità, un coraggio — che risuona ancora oggi con forza quasi profetica.
𝐏𝐞𝐭𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐛𝐫𝐢𝐞𝐥 𝐈𝐈𝐈 𝐞̀ 𝐮𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐪𝐮𝐞𝐢 𝐫𝐚𝐫𝐢 𝐝𝐢𝐬𝐜𝐡𝐢 𝐜𝐡𝐞 𝐜𝐫𝐞𝐬𝐜𝐨𝐧𝐨 𝐜𝐨𝐧 𝐭𝐞. 𝐂𝐚𝐦𝐛𝐢 𝐭𝐮, 𝐦𝐚 𝐥𝐮𝐢 𝐭𝐢 𝐩𝐚𝐫𝐥𝐚 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚. 𝐂𝐨𝐧 𝐩𝐚𝐫𝐨𝐥𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐫𝐬𝐞, 𝐦𝐚𝐠𝐚𝐫𝐢, 𝐦𝐚 𝐜𝐨𝐧 𝐥𝐨 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐬𝐠𝐮𝐚𝐫𝐝𝐨 𝐥𝐮𝐜𝐢𝐝𝐨 𝐬𝐮𝐥 𝐦𝐨𝐧𝐝𝐨. 𝐄 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨, 𝐟𝐨𝐫𝐬𝐞, 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐬𝐞𝐠𝐫𝐞𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐞𝐫𝐚 𝐚𝐫𝐭𝐞.
Pubblicato nel maggio del 1980 e comunemente conosciuto come Melt — per via della suggestiva copertina ideata da Storm Thorgerson in cui il volto di Peter Gabriel sembra sciogliersi come cera — il terzo album solista dell’ex frontman dei Genesis rappresenta una frattura decisa con il passato progressive della band inglese.
Con Melt, Gabriel abbandona le atmosfere barocche e oniriche del rock sinfonico per avventurarsi in territori sonori nuovi, spigolosi, urbani, talvolta disturbanti. L’album è un laboratorio di sperimentazione, dove si fondono tecnologie emergenti come i campionatori, la batteria gated reverb (resa celebre da Phil Collins su "Intruder") e l’uso innovativo della voce come strumento ritmico e narrativo. Ma è anche, e forse soprattutto, un’opera profondamente politica e sociale: canzoni come “Biko” — dedicata all’attivista anti-apartheid sudafricano Steve Biko — rivelano un artista sempre più impegnato a dar voce alle ingiustizie del mondo, con un’urgenza etica che diventerà cifra stilistica del suo percorso.
Con questo disco, Gabriel inaugura gli anni Ottanta non solo come musicista visionario, ma come intellettuale del rock: un autore capace di fondere impegno e sperimentazione, suono e coscienza, aprendo la strada a una stagione di grande profondità artistica.
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Musicisti e strumentazione
L’album si avvale di un cast eccezionale, dove ciascun musicista porta un tratto distintivo:
𝐏𝐞𝐭𝐞𝐫 𝐆𝐚𝐛𝐫𝐢𝐞𝐥 – voce, pianoforte, sintetizzatori, percussioni
𝐏𝐡𝐢𝐥 𝐂𝐨𝐥𝐥𝐢𝐧𝐬 – batteria (con l’iconico effetto gated reverb che inaugura qui il suo utilizzo) e surdo
𝐑𝐨𝐛𝐞𝐫𝐭 𝐅𝐫𝐢𝐩𝐩 – chitarra tagliente su “No Self-Control”, “I Don’t Remember” e “Not One of Us”
𝐓𝐨𝐧𝐲 𝐋𝐞𝐯𝐢𝐧 – basso e Chapman Stick, antitesi perfetta della solidità ritmica di Collins
𝐋𝐚𝐫𝐫𝐲 𝐅𝐚𝐬𝐭 – sintetizzatori, processing e atmosfere elettroniche
𝐃𝐚𝐯𝐢𝐝 𝐑𝐡𝐨𝐝𝐞𝐬 – chitarra ritmica e cori, contribuisce al groove ipnotico di molti brani
𝐉𝐞𝐫𝐫𝐲 𝐌𝐚𝐫𝐨𝐭𝐭𝐚 𝐞 𝐌𝐨𝐫𝐫𝐢𝐬 𝐏𝐞𝐫𝐭 – percussioni supplementari, esaltano il carattere tribale di pezzi come “Games Without Frontiers”
𝐊𝐚𝐭𝐞 𝐁𝐮𝐬𝐡 – cori in “No Self-Control” e voce su “Games Without Frontiers”
𝐏𝐚𝐮𝐥 𝐖𝐞𝐥𝐥𝐞𝐫, 𝐃𝐚𝐯𝐞 𝐆𝐫𝐞𝐠𝐨𝐫𝐲, 𝐉𝐨𝐡𝐧 𝐆𝐢𝐛𝐥𝐢𝐧, 𝐃𝐢𝐜𝐤 𝐌𝐨𝐫𝐫𝐢𝐬𝐬𝐞𝐲 e altri ancora completano il mosaico sonoro con contributi puntuali e originali
Track listing (tutti i brani scritti da Peter Gabriel)
Side One
Intruder – 4:54
No Self Control – 3:55
Start – 1:21
I Don’t Remember – 4:42
Family Snapshot – 4:28
And Through the Wire – 5:00
Side Two
7. Games Without Frontiers – 4:06
8. Not One of Us – 5:22
9. Lead a Normal Life – 4:14
10. Biko – 7:32
brano 𝟏𝟎. "𝐁𝐢𝐤𝐨"
Capolavoro politico e umano, dedicato a Stephen Biko: Larry Fast suona cornamuse sintetiche, Marotta e Collins intrecciano percussioni tribali, e Dave Ferguson aggiunge urla e screeches che salgono al cielo come appello di libertà. Il canto corale in xhosa, ripreso dalle registrazioni sul campo, crea un ponte tra Occidente e Sudafrica che ancora oggi commuove e sprona all’azione.
Quando nel 1980 Peter Gabriel pubblicò Biko, la canzone dedicata all’attivista sudafricano Stephen Biko ucciso dalla polizia del regime dell’apartheid, fece qualcosa di rivoluzionario per un artista rock: trasformò una canzone in un atto politico globale. Non un gesto simbolico, ma una denuncia diretta, in musica, contro un sistema di oppressione razziale strutturato e violento. Gabriel non si limitava a raccontare: accusava, metteva in discussione, chiedeva una presa di posizione.
A distanza di 45 anni, Biko non è solo un inno alla memoria, ma anche uno specchio che riflette la nostra incapacità di imparare dalla storia. Il suo grido — "𝐓𝐡𝐞 𝐦𝐚𝐧 𝐢𝐬 𝐝𝐞𝐚𝐝" — echeggia oggi con dolorosa attualità nel dramma del conflitto israelo-palestinese, dove ancora una volta si assiste all’annientamento dei diritti umani, all’uso sproporzionato della forza, all’erosione della dignità delle persone civili in nome della sicurezza, della vendetta, della ragione di Stato.
Il parallelismo non è perfetto, certo — ogni conflitto ha la sua storia, la sua complessità — ma il cuore del messaggio di Biko resta intatto: quando il potere reprime la voce di chi chiede giustizia, l’arte deve rispondere. Deve alzare il volume. Peter Gabriel lo ha fatto allora, pagando un prezzo in termini di visibilità commerciale, ma guadagnando una voce morale.
In tempi in cui l’ambiguità e il silenzio diventano spesso una strategia, Biko ci ricorda che la neutralità, di fronte all’ingiustizia, è una forma di complicità. 𝐄̀ 𝐮𝐧 𝐢𝐧𝐯𝐢𝐭𝐨, 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐨𝐠𝐠𝐢, 𝐚 𝐩𝐫𝐞𝐧𝐝𝐞𝐫𝐞 𝐩𝐨𝐬𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞. 𝐄 𝐥𝐚 𝐦𝐮𝐬𝐢𝐜𝐚, 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐧𝐨𝐧 𝐡𝐚 𝐩𝐚𝐮𝐫𝐚, 𝐩𝐮𝐨̀ 𝐚𝐧𝐜𝐨𝐫𝐚 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐚𝐫𝐦𝐢 𝐩𝐢𝐮̀ 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐥’𝐢𝐧𝐝𝐢𝐟𝐟𝐞𝐫𝐞𝐧𝐳𝐚.
brano 𝟕. “𝐆𝐚𝐦𝐞𝐬 𝐖𝐢𝐭𝐡𝐨𝐮𝐭 𝐅𝐫𝐨𝐧𝐭𝐢𝐞𝐫𝐬”
Rimane oggi un monito potentissimo sull’illusoria leggerezza con cui spesso affrontiamo questioni esistenziali e politiche tanto cruciali quanto complesse.
𝟏. 𝐃𝐚𝐥 𝐠𝐢𝐨𝐜𝐨 𝐢𝐧𝐟𝐚𝐧𝐭𝐢𝐥𝐞 𝐚𝐥𝐥𝐚 𝐝𝐢𝐚𝐥𝐞𝐭𝐭𝐢𝐜𝐚 𝐝𝐞𝐢 𝐩𝐨𝐭𝐞𝐫𝐢
Gabriel paragona la diplomazia internazionale ai “giochetti” tra bambini, ricorrendo all’immagine dello show televisivo Jeux sans Frontières per denunciare come Stati e leader politici spesso trasformino conflitti reali in schermaglie sterili, dove l’importante diventa “vincere” piuttosto che risolvere. Questo parallelo, già esplicitato nelle note di copertina, invita a non sottovalutare la distanza tra la forma leggera del gioco e il suo contenuto distruttivo: le “armi” reali sostituite dai fischietti, le alleanze fluttuanti come squadre di cartone.
𝟐. 𝐋𝐞 “𝐩𝐚𝐫𝐭𝐢𝐭𝐞” 𝐠𝐞𝐨𝐩𝐨𝐥𝐢𝐭𝐢𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢 𝐨𝐠𝐠𝐢
Ricostruzione Ucraina–USA: l’accordo statunitense-ucraino sul fondo per le risorse minerarie (firmato il 30 aprile 2025) lega aiuti militari a ripartizioni finanziarie, trasformando la ricostruzione post-guerra in un “gioco” di scommesse sul futuro energetico e geopolitico dell’Europa orientale ( The Guardian )
Sommossa populista in Regno Unito: il recente boom del partito Reform UK – guidato da Nigel Farage – mostra come gli elettori, insoddisfatti dai “vecchi giocatori”, scendano in campo con nuove “squadre”, più o meno consistenti, nella speranza di ribaltare le regole del gioco politico. Questa continua rincorsa al cambiamento configura la politica come una partita in cui il tabellone muta a ogni mossa, senza garanzie di vittoria o stabilità
( Financial Times )
.
𝟑. 𝐍𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐦𝐢 𝐞 𝐝𝐢𝐬𝐬𝐨𝐧𝐚𝐧𝐳𝐞 𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐞
L’invito di Gabriel a guardare oltre i confini si scontra con la crescita dei movimenti nazionalisti in Europa e oltre. La decisione di Romania e Bulgaria di entrare nello spazio Schengen nel 2025 – controcorrente rispetto all’ondata nazionalista che spinge a rialzare barriere – è un potente contrappunto al ritornello del brano (“Whose side are you on?”) e ricorda che, anche quando le regole del “gioco” politico sembrano indirizzate alla chiusura, esistono forze pronte a difendere un terreno di libertà condivisa
( The Guardian )
𝟒. 𝐃𝐢𝐬𝐢𝐧𝐟𝐨𝐫𝐦𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞 “𝐠𝐚𝐦𝐢𝐟𝐢𝐜𝐚𝐭𝐢𝐨𝐧” 𝐝𝐞𝐢 𝐦𝐞𝐝𝐢𝐚
Oggi, la politica si nutre di meme, tweet e post virali: la “gamification” dell’informazione trasforma le notizie in sfide di like e condivisioni, schierando l’opinione pubblica in squadre contrapposte. Qui il messaggio di Gabriel suona come un avvertimento: quando la posta in gioco è la democrazia, non si può ridurre tutto a un torneo di popolarità.
“Games Without Frontiers” resta di una straordinaria attualità perché ci costringe a riconoscere la gravità dietro l’apparente frivolezza dei conflitti moderni. Ci interroga sul senso reale delle “regole” che stabiliamo e ci richiama alla responsabilità: smettere di giocare con la pace, il benessere e i diritti altrui.

domenica 16 marzo 2025

Disoccupate le strade dai sogni - un album con un messaggio ancora attuale

"𝐃𝐢𝐬𝐨𝐜𝐜𝐮𝐩𝐚𝐭𝐞 𝐥𝐞 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐝𝐞 𝐝𝐚𝐢 𝐬𝐨𝐠𝐧𝐢"


è il quinto album del cantautore italiano Claudio Lolli, pubblicato nel 1977. Questo lavoro rappresenta una profonda riflessione sulle tensioni sociali e politiche dell'epoca, offrendo una critica incisiva alla società italiana degli anni '70.
𝗖𝗼𝗻𝘁𝗲𝘀𝘁𝗼 𝘀𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗼 𝗲 𝘁𝗲𝗺𝗮𝘁𝗶𝗰𝗵𝗲 𝗽𝗿𝗶𝗻𝗰𝗶𝗽𝗮𝗹𝗶
L'album nasce in un periodo di intensa agitazione politica in Italia, segnato da movimenti studenteschi e operai, nonché da una crescente disillusione verso le istituzioni tradizionali. Lolli, attraverso le sue canzoni, esplora temi come la repressione, la perdita dell'innocenza e la manipolazione mediatica. Il titolo stesso, "Disoccupate le strade dai sogni", suggerisce l'urgenza di liberare lo spazio pubblico dalle illusioni, invitando a una presa di coscienza collettiva.
𝐀𝐧𝐚𝐥𝐢𝐬𝐢 𝐝𝐞𝐢 𝐛𝐫𝐚𝐧𝐢 𝐜𝐡𝐢𝐚𝐯𝐞
"𝗜𝗻𝗰𝘂𝗯𝗼 𝗻𝘂𝗺𝗲𝗿𝗼 𝘇𝗲𝗿𝗼":
Questo brano affronta la morte di Ulrike Meinhof, co-fondatrice del gruppo armato tedesco RAF (Rote Armee Fraktion), e riflette sulle tensioni politico-sociali dell'epoca. Lolli utilizza la figura della Meinhof per esprimere l'angoscia e la confusione di una generazione alle prese con la violenza politica e la repressione.
"𝗜 𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗮𝗹𝗶 𝗱𝗶 𝗺𝗮𝗿𝘇𝗼":
La canzone si riferisce alla morte di Francesco Lorusso, militante di Lotta Continua, ucciso durante scontri a Bologna nel marzo 1977. Lolli critica aspramente il ruolo dei media nel manipolare l'opinione pubblica e nel distorcere la verità, evidenziando come i giornali possano diventare strumenti di propaganda e controllo sociale.
"𝗟𝗮 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗱𝗲𝗺𝗼𝗰𝗿𝗮𝘇𝗶𝗮":
In questo brano, Lolli esprime la sua delusione verso la socialdemocrazia, vista come un compromesso inefficace che tradisce le aspettative rivoluzionarie. La canzone denuncia l'inerzia e l'ipocrisia delle istituzioni politiche, sottolineando la necessità di un cambiamento radicale per affrontare le ingiustizie sociali.
"𝗔𝗻𝗮𝗹𝗳𝗮𝗯𝗲𝘁𝗶𝘇𝘇𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲"
:Uno dei brani più incisivi dell'album è Analfabetizzazione, in cui Lolli affronta il tema dell’alienazione e della perdita di coscienza critica, che porta le persone a subire passivamente la realtà senza comprenderla veramente. Il testo denuncia una società che, invece di emancipare attraverso la cultura e la conoscenza, favorisce l'ignoranza funzionale, rendendo gli individui incapaci di leggere tra le righe del potere e di interpretare il mondo con autonomia di pensiero. Attraverso immagini forti e un linguaggio che oscilla tra l’amaro e l’ironico, Lolli descrive un processo di regressione intellettuale: l’analfabetizzazione non è intesa come semplice mancanza di istruzione, ma come un fenomeno sistemico che svuota di significato le parole, rendendole sterili e inoffensive. È una critica feroce alla società dei consumi, ai media manipolatori e alla cultura di massa che, anziché educare, intrattiene e distrae. Il brano si sviluppa come un monologo amaro e incalzante, un grido di protesta contro la passività collettiva. La voce di Lolli, dolente e graffiante, amplifica il senso di denuncia e disillusione. Il messaggio è chiaro: senza una vera consapevolezza culturale e politica, il sogno della rivoluzione diventa un’utopia irraggiungibile, soffocata dall'apatia e dalla retorica dominante
𝗦𝘁𝗶𝗹𝗲 𝗺𝘂𝘀𝗶𝗰𝗮𝗹𝗲 𝗲 𝗽𝗼𝗲𝘁𝗶𝗰𝗮
Musicalmente, 𝗹'𝗮𝗹𝗯𝘂𝗺 𝘀𝗶 𝗱𝗶𝘀𝘁𝗶𝗻𝗴𝘂𝗲 𝗽𝗲𝗿 𝗮𝗿𝗿𝗮𝗻𝗴𝗶𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝘀𝗽𝗮𝘇𝗶𝗮𝗻𝗼 𝗱𝗮𝗹 𝗳𝗼𝗹𝗸 𝗮𝗹 𝗷𝗮𝘇𝘇, 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗻𝗳𝗹𝘂𝗲𝗻𝘇𝗲 𝗽𝗿𝗼𝗴𝗿𝗲𝘀𝘀𝗶𝘃𝗲.
Lolli combina testi poetici e impegnati con melodie evocative, creando un'atmosfera che riflette l'inquietudine e la complessità del periodo. La sua capacità di intrecciare narrativa personale e critica sociale rende questo lavoro un'importante testimonianza artistica degli anni '70 italiani.
L'album Disoccupate le strade dai sogni di Claudio Lolli è un'opera di grande rilevanza nella canzone d'autore italiana, caratterizzata da una profonda riflessione sociale e politica. Uscito nel 1977, in un periodo di forte tensione e trasformazione, il disco si inserisce perfettamente nel clima di contestazione dell’epoca, utilizzando la musica come veicolo di critica e consapevolezza. Lolli si fa portavoce di un disagio collettivo, denunciando l’oppressione ideologica, il conformismo e le promesse tradite di un cambiamento mai davvero compiuto. Il titolo stesso è emblematico: un invito a sgombrare le strade dai sogni irrealizzabili e dalle illusioni, per affrontare la realtà con maggiore lucidità e concretezza.
𝗜𝗹 𝘀𝗶𝗴𝗻𝗶𝗳𝗶𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗱𝗲𝗹𝗹’𝗮𝗹𝗯𝘂𝗺
In Disoccupate le strade dai sogni, Lolli non si limita a una critica sterile, ma invita alla presa di coscienza.
𝘓'𝘢𝘭𝘣𝘶𝘮 𝘦̀ 𝘶𝘯 𝘷𝘪𝘢𝘨𝘨𝘪𝘰 𝘵𝘳𝘢 𝘭𝘦 𝘤𝘰𝘯𝘵𝘳𝘢𝘥𝘥𝘪𝘻𝘪𝘰𝘯𝘪 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘴𝘰𝘤𝘪𝘦𝘵𝘢̀, 𝘶𝘯𝘢 𝘯𝘢𝘳𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘢𝘮𝘢𝘳𝘢 𝘮𝘢 𝘯𝘦𝘤𝘦𝘴𝘴𝘢𝘳𝘪𝘢, 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘱𝘪𝘯𝘨𝘦 𝘢 𝘪𝘯𝘵𝘦𝘳𝘳𝘰𝘨𝘢𝘳𝘴𝘪 𝘴𝘶𝘭 𝘴𝘦𝘯𝘴𝘰 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘭𝘰𝘵𝘵𝘢 𝘦 𝘴𝘶𝘭𝘭𝘢 𝘱𝘰𝘴𝘴𝘪𝘣𝘪𝘭𝘪𝘵𝘢̀ 𝘥𝘪 𝘶𝘯 𝘤𝘢𝘮𝘣𝘪𝘢𝘮𝘦𝘯𝘵𝘰 𝘳𝘦𝘢𝘭𝘦. 𝘌̀ 𝘶𝘯’𝘰𝘱𝘦𝘳𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘢𝘯𝘤𝘰𝘳𝘢 𝘰𝘨𝘨𝘪 𝘳𝘪𝘴𝘶𝘰𝘯𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘧𝘰𝘳𝘻𝘢, 𝘳𝘪𝘤𝘰𝘳𝘥𝘢𝘯𝘥𝘰𝘤𝘪 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘤𝘰𝘯𝘴𝘢𝘱𝘦𝘷𝘰𝘭𝘦𝘻𝘻𝘢 𝘦 𝘱𝘢𝘳𝘵𝘦𝘤𝘪𝘱𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘢𝘵𝘵𝘪𝘷𝘢, 𝘪 𝘴𝘰𝘨𝘯𝘪 𝘥𝘪 𝘨𝘪𝘶𝘴𝘵𝘪𝘻𝘪𝘢 𝘦 𝘭𝘪𝘣𝘦𝘳𝘵𝘢̀ 𝘳𝘪𝘴𝘤𝘩𝘪𝘢𝘯𝘰 𝘥𝘪 𝘳𝘦𝘴𝘵𝘢𝘳𝘦 𝘴𝘰𝘭𝘰 𝘪𝘭𝘭𝘶𝘴𝘪𝘰𝘯𝘪.

sabato 1 febbraio 2025

Il Sentiero delle Abbazie

 𝑰𝒍 𝑺𝒆𝒏𝒕𝒊𝒆𝒓𝒐 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒆 𝑨𝒃𝒃𝒂𝒛𝒊𝒆:
"𝑼𝒏 𝑷𝒆𝒓𝒄𝒐𝒓𝒔𝒐 𝒅𝒊 𝑺𝒕𝒐𝒓𝒊𝒂, 𝑵𝒂𝒕𝒖𝒓𝒂 𝒆 𝑭𝒖𝒕𝒖𝒓𝒐"

Ecomuseo Vettabbia Fontanili

Un futuro così è esattamente quello che vorremmo vedere: un futuro in cui il paesaggio si intreccia con la storia, in cui la natura si riappropria dei suoi spazi senza escludere l’uomo, ma accogliendolo in un equilibrio sostenibile.

Il Sentiero delle Abbazie è molto più di un percorso. 

È un'esperienza che attraversa il tempo e lo spazio, unendo spiritualità, cultura e benessere. Si snoda lungo le antiche abbazie della pianura lombarda, seguendo il ritmo lento della natura e delle tradizioni. È un progetto vivo, che respira, cresce e attira.

Qui, ciclisti, escursionisti, pellegrini e semplici amanti delle passeggiate trovano il loro spazio. Chi pedala lungo il sentiero scopre il piacere di una mobilità dolce, chi cammina tra le abbazie si immerge nella storia, chi esplora i fontanili e la Vettabbia osserva la bellezza di un ecosistema recuperato.

Ma non è solo bellezza e relax. Il Sentiero delle Abbazie porta con sé anche nuove opportunità economiche: agriturismi, botteghe locali, punti di ristoro, guide escursionistiche. L’indotto generato dal turismo sostenibile crea un’economia circolare che valorizza il territorio senza snaturarlo.

E poi c’è l’aspetto ambientale: ogni pedalata è un’auto in meno, ogni camminata è un segno di rispetto per la terra. Il sentiero non è solo un percorso, ma un’idea di futuro: più verde, più consapevole, più connesso con le radici e le persone.

Un progetto come questo non si limita a esistere, ma cresce, evolve e ispira. E in fondo, non è proprio questo il segreto di ogni grande viaggio?
Il sentiero è già tracciato, percorribile, non è ancora meraviglioso come in questa foto, ma è quello che ci auguriamo diventi. Percorrerlo è meraviglioso. 


 Parte da Porta Romanza, va verso Chiaravalle, il Parco Gustavo Hauser, Viboldone, Cascina Cantalupo, Opera per concludersi a Chiaravalle. Un percorso ad anello, tutto tracciato. Tutte le informaioni sul sito ufficiale di Ecomuseo della Vettabbia e dei Fontanili

domenica 26 gennaio 2025

Olive Tree - Peter Gabriel

 

Olea Europea Olive Tree 3D model 

E subito viene in mente un albero di olive. L'ulivo.

Ma cosa vorrà dirci Peter Gabriel in questo brano ?

 Esaminiamo il testo, tradotto in italiano:

Nella nebbiosa notte argentata
I miei occhi cadono a terra
Sento che prende vita
Nei semi che spingono fuori dal suolo
Una nuova vita si intreccia tra le spirali
Niente fermerà questo movimento

Ero distante da tutto
Con la testa tra le nuvole
Senza orecchie per ascoltare
Senza luce che raggiungesse i miei occhi

Là cresce il fungo
Ancora legato al passato
Per la fusione del mondo solido
Il cambiamento arriva rapido

E, oh
Ho l'acqua che mi cade addosso
E mi sta svegliando
Ho la luce del sole che mi scalda la schiena
Riscaldando tutte le mie ossa
Ho la brezza fresca sulla mia pelle
Che porta ogni cellula alla vita
Collegando tutto, punto per punto

E siamo tutti qui, proprio uguali
Cercando di dare un senso a tutto ciò
A dove sto andando ora
E a come tutto si incastra
Nel quadro più grande delle cose

E scivolo nelle onde
Lasciando la terra alle spalle
Sto entrando in un altro mondo ora
Là c'è lo squalo che si muove tra le canne ondeggianti
Predatore e preda definiscono i loro bisogni
Niente fermerà questo schema

Ero distante da tutto
In un mondo tutto nostro
Abbiamo perso ogni connessione
Con il luogo da cui siamo cresciuti

Ma qui, in questo casco
Posso leggere altre menti
E scansionare ogni pensiero
Tutta l'energia che riesco a trovare

E, oh
Ho l'acqua che mi cade addosso
E mi sta svegliando
Ho la luce del sole che mi scalda la schiena
Riscaldando tutte le mie ossa
Ho la brezza fresca sulla mia pelle
Che porta ogni cellula alla vita
Collegando tutto, punto per punto

E siamo tutti qui, proprio uguali
Cercando di dare un senso a tutto ciò
A dove sto andando ora
E a come tutto si incastra
Nel quadro più grande delle cose

L’acqua cade su di me
Sta svegliando il mondo
L’acqua cade su di noi
Cadendo dalla testa
Cadendo dalla testa
Cadendo dalla testa

Oh
Ho l’acqua che mi cade addosso
Ho la luce del sole che mi scalda la schiena
Ho la brezza fresca sulla mia pelle
Ho l’acqua che mi cade addosso
L’acqua che mi cade addosso

PREMESSA
Peter Gabriel, nei suoi testi, spesso intreccia riflessioni sulla natura, la connessione umana, il cambiamento e il rapporto con il mondo. Questo testo in particolare sembra esplorare il tema della rinascita e della riconnessione: con sé stessi, con la natura e con il grande schema della vita.

Alcuni punti chiave del messaggio:

  1. Rinascita e cambiamento:
    L’immagine dei semi che germogliano, del fungo che cresce, dell’acqua che cade e sveglia il mondo rappresenta la forza vitale che si rinnova, nonostante tutto. È un inno alla resilienza e alla capacità della natura di rigenerarsi. Allo stesso tempo, l’acqua che "cade" su di lui diventa metafora del risveglio personale: qualcosa che scuote dal torpore e riattiva la consapevolezza.

  2. Connessione perduta e riscoperta:
    Gabriel descrive una separazione iniziale: "Ero distante da tutto, con la testa tra le nuvole". Questo suggerisce un senso di alienazione dal mondo naturale e dagli altri esseri viventi, forse un richiamo alle conseguenze della modernità, che spesso ci isola dalle nostre radici. Ma, attraverso la riconnessione con gli elementi (acqua, sole, vento), c'è una riscoperta di un legame più profondo e universale.

  3. La ciclicità della vita e l’armonia naturale:
    L’immagine dello squalo tra le canne che "definisce i suoi bisogni" non ha un’accezione negativa, ma piuttosto riconosce l’ordine naturale della vita, dove preda e predatore coesistono in un delicato equilibrio. Questo rafforza il messaggio che siamo tutti parte di un sistema interconnesso, in cui ogni elemento, per quanto piccolo o diverso, ha il suo ruolo.

  4. La tecnologia e il contatto mentale:
    L'accenno al "casco" e alla possibilità di leggere altre menti sembra introdurre una riflessione sul ruolo della tecnologia: può alienarci, ma anche aiutarci a riconnetterci in modi nuovi e più profondi. Nonostante questo, rimane l'invito a non dimenticare le nostre radici naturali e biologiche.

  5. Un invito a vivere il presente:
    La presenza degli elementi che "risvegliano" (acqua, sole, vento) ci riporta all'importanza di essere presenti nel momento, di sentire il mondo con i sensi e di apprezzare il nostro ruolo nel "grande schema delle cose". Gabriel invita a riflettere su come tutto si interconnette e su come ogni nostro gesto si inserisca in una trama più grande.

Messaggio complessivo:

Questo testo può essere interpretato come un invito a risvegliarsi da un'esistenza disconnessa, riscoprendo il legame con la natura, con gli altri esseri viventi e con noi stessi. È un promemoria che, nonostante la complessità del mondo moderno, esiste ancora un ritmo naturale che possiamo abbracciare per trovare equilibrio e senso. Gabriel celebra il cambiamento, la forza della vita e la necessità di armonizzarsi con il mondo per "capire il quadro più grande delle cose".

 

E poi che aggiungere ?

Certamente il video, l'idea del singlolo in versione bright Side  e dark Side

L'idea del mettere a disposizione i suoi brani per poterci mettere sopra a piacere un video. 

Infatti Peter ha lanciato questa idea: il 50:50 

Il video che ne è uscito è super.


 

 

 

 

 

venerdì 24 gennaio 2025

Il traditore del sentiero

 

Il traditore del sentiero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Se fascio sei, lo porti scritto in fronte,
il segno è chiaro, inciso nell’orizzonte.
Ma chi ha sognato bandiere al vento,
e ora le calpesta, è smarrito dentro.

Tradire un ideale, sputare sul passato,
è un morso al cuore, un atto avvelenato.

Non c’è scandalo peggiore, non c’è ferita,
che vedere un uomo rinnegar la sua vita.

Con quale volto affronterà la folla,
quando il suo regno infine crollerà?
Quale spirito, quale anima vuota,
gli restituirà dignità ormai corrotta?

Le strade ricorderanno il suo nome,
non per gloria, ma per l’abbandono.
Un uomo senza radici, senza destino,
che il vento disperderà lungo il cammino.

venerdì 15 novembre 2024

E se l’approccio fosse sbagliato? Mettiamo il loro vestito. E se lo mettessimo davvero?

 

E se l’approccio fosse sbagliato? Mettiamo il loro vestito. E se lo mettessimo davvero?

Questa riflessione invita a un cambio di prospettiva profondo. Spesso ci scontriamo con situazioni o problemi convinti che il nostro approccio sia quello giusto, che la nostra visione delle cose sia quella oggettivamente valida.

Ma cosa accadrebbe se, invece di insistere, provassimo a indossare i "loro vestiti"? Non si tratta solo di empatia superficiale, ma di un reale sforzo di comprendere un’altra realtà, un’altra cultura, un altro punto di vista.

Indossare il "loro vestito" significa vivere il mondo con i loro occhi, sentire le emozioni che provano, capire le motivazioni profonde che li spingono ad agire in un determinato modo. È un esercizio che richiede coraggio, perché ci mette di fronte a qualcosa di sconosciuto, e talvolta scomodo. Significa lasciare da parte i pregiudizi, le certezze e, soprattutto, il bisogno di avere sempre ragione.

Questo approccio non è debolezza, bensì forza. È un atto rivoluzionario che ci permette di abbattere muri e costruire ponti. Sul piano personale, può portare a relazioni più autentiche e significative. Sul piano sociale, ci avvicina alla soluzione di conflitti, alla creazione di dialoghi veri, in cui entrambe le parti sentano di essere ascoltate. Sul piano lavorativo, adottare questa mentalità può trasformare una semplice negoziazione in una collaborazione fruttuosa.

Ma c’è un passo ulteriore da considerare: "E se lo mettessimo davvero?". Qui l’invito è concreto: non basta immaginare, bisogna agire. Significa calarsi fisicamente e mentalmente in quella condizione, vivere esperienze che ci portino fuori dalla nostra zona di comfort. Un dirigente d’azienda che lavora fianco a fianco con i suoi dipendenti in produzione per capire le loro difficoltà. Un politico che passa del tempo nei quartieri più difficili per comprendere la realtà che vuole governare. Un cittadino che prova a vivere per una settimana senza le comodità a cui è abituato, per capire cosa significa affrontare la vita con meno risorse.

Quando mettiamo davvero il "loro vestito", smettiamo di giudicare e iniziamo a capire. Non significa necessariamente condividere ogni opinione o approvare ogni scelta, ma porta a una nuova consapevolezza: quella che la verità, spesso, non sta in una sola parte, ma in un dialogo continuo tra punti di vista diversi.

Allora, se l’approccio è sbagliato, mettiamo il loro vestito. Non per perdere la nostra identità, ma per arricchirla, per costruire un mondo in cui le differenze non siano barriere, ma opportunità di crescita e di innovazione.

@isssio


domenica 21 luglio 2024

Non potrebbero cambiare le cose senza le farfalle

 


In un piccolo villaggio incastonato tra le montagne, chiamato Floria, viveva una comunità di persone laboriose e felici. Floria era famosa per i suoi rigogliosi giardini fioriti, che attiravano turisti da ogni angolo del mondo. Tuttavia, i fiori non erano l'unico motivo di attrazione; era la presenza di migliaia di farfalle colorate che rendeva il luogo davvero magico.

Le farfalle, con le loro ali multicolori, danzavano sopra i campi di lavanda e girasoli, trasformando ogni angolo del villaggio in un quadro vivente. Gli abitanti di Floria erano molto orgogliosi delle loro farfalle e sapevano quanto fossero importanti per l'ecosistema locale. Ogni anno, durante la Festa delle Farfalle, celebravano l'arrivo della primavera e ringraziavano questi delicati insetti per il loro ruolo essenziale nella natura.

Un giorno, però, accadde qualcosa di strano. Le farfalle cominciarono a sparire. Ogni mattina, sempre meno farfalle si vedevano nei giardini, e presto l'assenza divenne evidente a tutti. I fiori cominciarono a perdere il loro splendore e l'atmosfera nel villaggio diventò cupa. I bambini, che prima correvano felici nei prati inseguendo le farfalle, ora sembravano tristi e confusi.

Il sindaco di Floria, preoccupato, convocò un'assemblea urgente. "Non possiamo continuare così," disse con voce grave. "Le farfalle sono il cuore pulsante del nostro villaggio. Dobbiamo scoprire cosa sta succedendo e riportarle a casa."

Tra la folla, si alzò una giovane ragazza di nome Lia. "Mio nonno mi raccontava sempre di una leggenda," iniziò con timidezza. "Diceva che le farfalle sono guidate da un antico spirito della natura, chiamato Lumeria. Se Lumeria è offesa o in pericolo, le farfalle scompaiono."

Decisi a risolvere il mistero, Lia e un gruppo di coraggiosi abitanti partirono alla ricerca di Lumeria. Attraversarono foreste, scavalcarono montagne e attraversarono fiumi, finché non raggiunsero una radura incantata, nascosta agli occhi dei più. Al centro della radura, trovavano un vecchio albero, il più grande e maestoso che avessero mai visto. Sotto le sue fronde, seduta su un trono di fiori, c'era Lumeria, una figura eterea con ali che brillavano come le stelle.

"Lumeria," disse Lia con rispetto, "il nostro villaggio ha bisogno delle farfalle. Senza di loro, i nostri giardini appassiscono e i nostri cuori si intristiscono. Cosa possiamo fare per riportarle a casa?"

Lumeria li guardò con occhi saggi e disse: "Le farfalle sono il riflesso dell'equilibrio della natura. Ultimamente, l'uomo ha disturbato questo equilibrio, disboscando foreste e inquinando i fiumi. Le farfalle sono andate via perché il loro habitat è in pericolo. Se volete che tornino, dovete prima guarire la terra."

Lia e gli abitanti promisero di fare tutto il possibile per proteggere e ripristinare l'ambiente. Tornarono a Floria e iniziarono subito a piantare nuovi alberi, ripulire i fiumi e creare nuove aree protette per la fauna. Pian piano, l'equilibrio naturale cominciò a riprendersi e, con esso, le farfalle tornarono.

I giardini di Floria rifiorirono e il villaggio ritrovò la sua gioia. Ogni anno, durante la Festa delle Farfalle, gli abitanti raccontavano la storia di Lia e di come avevano salvato il loro villaggio ascoltando la saggezza di Lumeria. E così, Floria diventò non solo il villaggio delle farfalle, ma anche un simbolo di rispetto e amore per la natura.

E da quel giorno, gli abitanti di Floria capirono che non avrebbero mai potuto cambiare le cose senza le farfalle.

venerdì 26 aprile 2024

Grande Partecipazione alla Manifestazione del 25 Aprile 2024 a Milano: Un Fiume di Persone che Invade la Città

 


 
Più che una manifestazione, sono state due: due film, quello in piazza e quello fuori. In piazza le bandiere palestinesi in netta prevalenza, gli striscioni e gli slogan contro Israele, contro il Sindaco Sala, e gli spintoni tra ragazzini di seconda generazione ed esponenti della Brigata Ebraica. ( Notizia che invece è stata data come rilevante dai telegiornali. come se 4 coglioni potessero rappresentare quello che è avvenuto veramente in questa giornata.) Fuori, indietro, centomila persone sotto le insegne dei partiti, dei sindacati, delle associazioni, che hanno sfilato serenamente, del tutto ignare e probabilmente disinteressate alle tensioni nella Piazza simbolo di Milano.
Grande Partecipazione alla Manifestazione del 25 Aprile a Milano: Un Fiume di Persone che Invade la Città
Milano, Italia - Il 25 aprile 2024 resterà nella memoria dei milanesi come una giornata di partecipazione straordinaria, dove il cuore della città è stato invaso da un fiume inarrestabile di persone. Quello che doveva essere un corteo commemorativo si è trasformato in un evento epocale, con oltre 100.000 persone che hanno affollato le strade, trasformando la metropoli lombarda in un palcoscenico di protesta e solidarietà.
Il corteo, che originariamente doveva giungere fino a Piazza Duomo per celebrare il giorno della Liberazione, si è trasformato in un serpentone interminabile che ha lambito i bastioni di Porta Venezia e si è snodato lungo Corso Venezia, riversandosi nelle vie della città con una lunghezza che superava i 2 chilometri. La massa di persone, compatta e determinata, ha reso quasi impossibile raggiungere e concentrarsi nella piazza simbolo di Milano.
Piazza Duomo si è trovata ad accogliere una folla così imponente da risultare impossibile da contenere.
La manifestazione, sebbene originariamente concepita per commemorare la fine della Seconda Guerra Mondiale, ha assunto una connotazione multiforme, abbracciando diversi obiettivi di pace e giustizia sociale. Tra gli slogan e gli appelli che hanno risuonato nelle strade di Milano, spiccavano richieste per un cessate il fuoco globale, con particolare attenzione ai conflitti in corso tra Israele e Palestina e tra Russia e Ucraina.
Non solo una giornata di memoria, quindi, ma anche di impegno civile e politico. Tra i manifestanti si levava un coro di voci che chiedevano un cambiamento radicale nella politica nazionale ed europea. Si invocava la partecipazione attiva dei cittadini alle prossime elezioni, per scongiurare il pericolo di un governo che non rispecchiasse i valori di pace, democrazia e solidarietà.
L'invito a votare alle prossime elezioni europee è stato particolarmente sentito, con l'auspicio di un'Europa libera e indipendente, capace di promuovere la pace e il benessere dei suoi cittadini anziché alimentare conflitti e spese militari.
E se Milano ha brillato di luce propria in questa giornata di mobilitazione, non è stata l'unica. Da nord a sud, da est a ovest, le città italiane hanno risposto con entusiasmo e partecipazione a questa chiamata alla solidarietà e al cambiamento.
Il 25 aprile 2024 resterà così impresso nella storia come un momento di grande fermento sociale, un'onda di speranza che ha invaso le strade d'Italia, ricordando a tutti che il futuro del paese è nelle mani di coloro che scelgono di agire per un mondo migliore.
(25 Aprile 2024 - Milano )